SABATO.

Sergio Ostuni detto Sando



   Prima di partire il rituale è sempre il solito. I biglietti con i nomi in un bicchiere e la cameriera ne estrae uno, sorride con quell'aria un po' beffarda di chi per un momento sa di poter condizionare, anche se di poco, la vita di qualcun'altro ed infine il verdetto: "Marco !".

   Oggi toccherà a lui bere solo succhi di frutta e condurci per le vie di questa notte così uguale a tante altre; eppure, forse proprio per questo, noi abbiamo l'impressione che sia destinata ad essere speciale, diversa, rivelatrice di storie mai sentite, distributrice di sensazioni mai provate, forse solo sfiorate ma mai godute fino in fondo.Il viaggio non è lungo, il paesaggio è lo stesso di tutta l'estate ma ad un tratto Vincenzo mi chiama: "Sergio! Guarda da quella parte, oltre il guard-rail ".Anche quella che vediamo ora è un'immagine consueta ormai : sirene blù e rosse, uomini in divisa attorno a pezzi di metallo che sembrano venir fuori dalle scene di un vecchio film sulla seconda guerra mondiale.

   Marco, come al solito, riesce incredibilmente a capire di che veicoli si tratti restando allo stesso tempo sbalordito di come in pochi istanti una vettura dalle linee perfette e dalla meccanica eccelsa possa ridursi in quel modo. La mente non ci mette molto a pensare alle conseguenze che la forza dell'impatto può aver portato ad una macchina molto meno resistente come è il corpo di un ragazzo.

   Ormai è davvero come in guerra dove tutti sanno che c'è chi resterà sul campo e tutti sono convinti che dovrà toccare a qualcun'altro.

   Prima della discoteca è d'obbligo la sosta al bar per mandar giù qualcosa che ti renda più euforico ma senza esagerare perché passare una notte barcollando su di una pista non è una prospettiva allettante.

   Ormai perso tra le fiamme di un B-52 la notte mi sembra prendere una vita propria, così immersa in quegli odori inconfondibili che mi fanno già sentire pieno di energia da liberare, come se le forze non potessero mai abbandonarmi.

   Alla fine il momento di andare in discoteca arriva e noi tre ci muoviamo rapidamente verso l'ingresso affollato da gente di ogni tipo che spera di poter godere dei magici influssi che un luogo come quello sembra emanare una volta divenuti partecipi della vita che si svolge al suo interno.
Con una certa fatica superiamo lo sbarramento dei ragazzi della security e ci affacciamo sulla bolgia che appare sotto di noi.E' come una danza tribale, insieme liberatoria e propiziatoria che ti trascina nel suo vortice, ti priva di ogni controllo, ti obbliga a diventare parte del gruppo, a sentirti come la tessera di un grande mosaico che lentamente ti appare sempre più chiaro.Sottrarsi è impossibile a meno di chiudersi in un guscio impenetrabile e passare la notte immobili su di un divano.

   Dunque lasciamo che la musica, l'atmosfera, l'energia di centinaia di corpi ci trasportino nel turbine che coinvolge tutto lo spazio circostante.
Il tempo diventa un concetto assolutamente personale, lentamente si percepiscono sensazioni sempre più forti, l'io cosciente comincia a svanire lasciando posto alle pulsioni più pure, in testa svaniscono tutti i pensieri logici, le riflessioni, i problemi. Ora c'è solo il corpo che libera la sua energia che si fa trasportare dal ritmo sempre più incalzante.I messaggi al cervello arrivano come saette e causano reazioni altrettanto veloci: vedo una maglietta con su scritto "LIFE IS SHORT. PLAY HARD.", cosa c'è di più giusto?

   Vedo una ragazza che mi fissa: chissà cosa pensa, chissà chi è, cosa farà nella sua vita normale, quella dal Lunedì al Venerdì... domande inutili perché il Sabato sera non è questo che importa ma solo il liberare ciò che per troppo tempo viene forzatamente nascosto, trattenuto in comportamenti che sfiorano l'innaturalità. Io lo so e anche lei lo sa; ci si guarda, ci si sfiora, ci si tocca. Parole poche, insignificanti, inutili, false.

   Per un attimo la razionalità affiora sul mare delle passioni e mi fa pensare che non sono le situazioni di questo tipo che permettono ad una persona di crescere in modo equilibrato, che è l'amore, quello "vero" a permetterci di essere felici e soddisfatti; ma subito dopo mi do una scrollata e mi dico: "cazzo ho vent'anni non settanta, le emozioni forti, travolgenti, sregolate sono necessarie ora per aver qualcosa a cui pensare poi !".

   La notte prosegue in spiaggia in una calda ricerca di piaceri sublimi; il tempo è sempre più qualcosa di estraneo alla realtà, tutto sembra durare in eterno quando, come d'improvviso, la luce del sole mi appare in tutta la sua sfolgorante potenza: l'alba. In quel momento il tempo rientra nella dimensione consueta ed io mi alzo e penso: "Dio, sono arrivato a vederne un'altra ".
 

 

 Rubrica curata da Icaro 
 
 
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