Chiaro scuro.

Di Marco Putelli
 

Sbatto la valigia con forza sul letto disordinato, Leticia non mi guarda, sembra lontana, è vuota, mi guardo velocemente attorno, cerco nei suoi occhi un segnale, una risposta, ma niente.

Mi giro, ormai sono oltre quella stanza, ascensore, taxi, aeroporto, aereo, N.Y. dall’alto, addio Leticia.

Chiudo gli occhi, lo schienale del sedile non è comodo, ma sono stanco, dormo, sogno, ricordo, ora ci sono.

 

L’altoparlante di Fiumicino chiama il volo AZ47512 per Miami, saluto velocemente Gilberto, che mi ha accompagnato all’aeroporto, mi pesa forte lo zaino sulle spalle, trascino la grossa valigia nera verso le belle signorine dell’Alitalia, una dietro al banco mi sorride gentilmente, dentro ad un vestito scuro ed attillato, vorrei respirale addosso, ma non ci penso, tra qualche ora ne vedrò di altre e più disponibili, c’è Miami all’orizzonte.

 

Seduto in sala d’attesa guardo con insofferenza il display sopra di me, un’ora, che palle, mi muovo, cerco posizioni comode, inizio ad osservare la gente attorno, cerco di capire chi si siederà vicino a me sull’aereo, si avvicina una coppia, Lei è molto bella, alta, la gonna corta scopre le gambe lunghe ed affusolate, i capelli raccolti le danno un’aria superiore, se la tira, avrà la mia età, penso, 30 anni, Lui sui quaranta è sudato, sembra teso, si muove nervosamente tra la gente, la guarda, parla, insiste, mi giro non li seguo più.

 

Finalmente salgo sull’aereo con la voglia di essere già arrivato, personale di bordo, gentili, quasi troppo, buongiorno, buona sera, buon volo, benvenuto a bordo, mi cerco il posto, 51 c, sistemo il grosso zaino nell’apposito vano sopra la testa, mi siedo, leggo; all’improvviso la sua voce fredda, senza un particolare accento, mi fa deglutire, mi giro di scatto, la bella donna sui trenta mi osserva con sguardo indisponente, mi alzo di scatto, lei bruscamente fa sedere il quarantenne vicino al finestrino, lei si siede al centro, e poi io, come in un rituale studiato da tempo.

 

Il vuoto che prende lo stomaco quando il grosso aereo prende il volo mi paralizza, ci siamo, prendo quota lentamente, mi rilasso, metto le cuffie, e sfoglio il libro che mi segue nel viaggio, " Una sola notte " di un giovane autore italiano, sconosciuto, ma scrive bene, è cupo ma mi piace, anzi mi inghiotte, nel suo incubo.

 

Ormai siamo al centro dell’Oceano, non mi sono ancora girato per famigliarizzare con i vicini, come si usa in questi casi, lo faccio, insicuro, la donna legge la lista di prodotti acquistabili sull’aereo, l’uomo, sempre più sudaticcio, dorme, mi fa schifo, nella sua aria insoddisfatta, grugnisce nel sonno.

 

" Vacanza o lavoro?", sembra irritata dalla mia domanda , posa nervosamente il catalogo nella sacca del sedile di fronte, " Vacanza, siamo in viaggio di nozze, ci fermiamo per tre notti a Miami, poi ripartiamo verso N.Y. , lì altri quattro giorni e poi riscendiamo verso San Francisco, altri 5 giorni, poi chiusura a Las Vegas, 4 giorni…" parla scattosa, a volte si gira verso il suo uomo, ho come l’impressione che faccia schifo pure a Lei, non descrive di certo il suo viaggio come la luna di miele ideale.

 

Non ama conversare, le parole cadono nel vuoto, mi rigiro stranito, mi addormento .

Il grosso Boeing sembra tracciare la sua rotta nel cielo ormai completamente nero, tutti dormono, si crea un’atmosfera irreale, una quiete che sembra anticipare strani eventi, mi alzo, vado in bagno, ritorno al mio striminzito posto, muovendo il sedile sveglio l’isterica signora, sposina, trentenne, alla mia destra, mi guarda di lato, il sonno le ha reso un viso più accondiscendente, è più bella, meno distaccata da ciò che la circonda, interrompe i nostri sguardi " Lei invece è in vacanza ? " prendo fiato, cerco una risposta ad effetto per scuoterla, o perlomeno incuriosirla, non riesco ad inventarmi niente di speciale " Si, raggiungo un’amica a Miami, poi da lì mi sposterò da solo, vorrei conoscere un po’ tutta la Florida " non riesco ad essere sciolto, il suo sguardo mi studia nei particolari, non sostengo i suoi occhi, sorride, ma è quasi un ghigno, mi chiedo come mai certe persone non vadano in prima classe, " Io negli USA ci sono già stata un sacco di volte, da N.Y. a Miami a Los Angeles, li ho girati praticamente tutti, è Lui che non c’è mai stato" Lo indica con decisione, sembra colpevolizzarlo di un’esperienza per lei inutile, mi incuriosisce il rapporto di questi due "sposini", continua a parlarmi, degli USA, di quanto alla fine siano monotoni, commerciali, senza cultura, sembra avere preso sicurezza, si interrompe più volte come per cercare conferme , mentre parla allunga la sua mano, come per un contatto più reale, sulla mia coscia, mi sento trasalire, cerco di risponderle almeno con lo sguardo, ma è più forte, la mano cerca velocemente la consistenza della mia coscia, sale fino all’inguine, sudo, non riesco a vivere questa perversione in maniera rilassata, cerco un contatto, ma ho l’impressione di non essere naturale, quasi obbligato a gestire in maniera fredda e calcolatrice una situazione, un’attrazione che dovrebbe scorrere da sola senza meccanismi studiati o indotti;

Sembra sentire il mio disagio, ritrae la mano nervosamente, si gira, non mi guarda più, meglio così.

 

Chiudo gli occhi, immagino l’aereo proprio come nella cartina del grande schermo, che sorvola l’oceano fino a portarmi dall’altra parte del mondo, è duro l’impatto con il suolo, ma finalmente sono a Miami.

 

Riprendo velocemente le mie cose, saluto cordialmente i miei vicini \perversi di posto, non osservo le reazioni della bella trentenne, esco dall’aereo, di fronte a me si snoda il lungo corridoio asettico, finisce, si apre all’improvviso il complicato e affollato aeroporto di Miami, migliaia di persone, valige, poliziotti, cani anti – droga, trovo la mia grossa valigia nera, ecco finalmente Simona, dietro al vetro che ci separa.

 

Abbraccio, lungo, sentito, non la vedo da tempo, forse sei mesi, ma è uguale, sempre in forma splendida, gli occhi intelligenti, i capelli raccolti le danno un aria di completa inconsapevolezza dall’ambiente teso che la circonda, Miami.

 

Rinviamo tutti gli aggiornamenti sulla nostra vita all’arrivo a casa, Simona guida sicura sull’autostrada che unisce l’aeroporto di Miami con l’isola felice South Beach, la grossa Jeep scorre veloce, edifici enormi in lontananza, ci separa un fiume oceanico, davanti a noi si definisce Miami Beach, palme, cabrio, magliette, belle case accoglienti, arrivati.

 

Una bella vacanza, fatta di pensieri, di discorsi, di persone, tanta spiaggia, sole, amici nuovi, non c’è orologio, non c’è tempo, Simona è fantastica la sua grande amicizia, la sua serenità mi stanno ricostruendo da un anno vissuto a trecento all’ora.

 

Mi siedo al solito tavolo , la mattina sull’Ocean Drive è splendida, il sole è già alto, ordino, caffè, frutta, leggo, alzo gli occhi , la vedo arrivare da lontano, con un passo sicuro, alta, i capelli scuri e lunghi le scendono lungo le spalle, sono bagnati, si avvicina forte, i suoi occhi rappresentano in un solo istante quello che vorrei avere, sono a mandorla in un viso mediterraneo, la guardo, la sento, ma torno al mio giornale, quasi impaurito da una simile energia.

E’ seduta al tavolo di fronte al mio, mi osserva, non riesco a mantenere una posizione sicura, sento la goffaggine dei miei movimenti, il sangue scorre denso, vorrei alzarmi ed andare via, cercare di non incrociare i suoi occhi, ma non c’è scampo, ci osserviamo incuriositi, stupido, non c’è coraggio, ma ci provo " Una bella giornata per la spiaggia, anche se prendere il sole dopo un po’ mi annoia…" stupido, affermazione banale, mi sento in balia delle mie parole, ovvietà, discorsi sul tempo, complimenti.

 

Mi osserva ancora più incuriosita, prende quota " Forse da solo, però se ci andiamo in due potrebbe essere meno noioso.." mi stacco " certamente, sarebbe sicuramente interessante, per.." certamente, sicuramente, non sono originale, sembro un ragioniere al primo colloquio di lavoro, una scossa, datti una scossa, non faccio in tempo a drammatizzare quello che dico che stiamo camminando verso la spiaggia, siamo vicini, è più bella, elegante e sicura nei suoi movimenti, separo tutto quello che ci circonda, inghiotto tutti suoi sguardi, le sue parole.

 

Spiaggia, asciugamani, sabbia, seduti, ci guardiamo, " Non ci siamo ancora presentati, io sono Marco, piacere .." mi sorride, ironica, ancora un volta sono stato terribilmente ragioniere al primo colloquio di lavoro, " Leticia " il mio nome preferito, stavolta lo penso e basta, scopriamo le nostre prime carte, la voce rispecchia la sua figura, sicura, spavalda, ogni gesto, ogni piccolo movimento del viso è coordinato con la sua voce, nulla è fuori posto, mi basta poco per immergermi in Lei, una carta io ed una lei, la partita inizia.

 

Musica, bella musica, i suoi gusti, i miei, diversi ma si toccano, ci scambiamo i walkman, 99 posse per me " …Il mio problema è che sono incontentabile non mi stà mai bene niente dice la gente ma in questi anni ho imparato che anche ciò che mi è dovuto nessuno lo darà mai per scontato…", musica pesante per lei, Junior Velazquez, Pride 98, tamburi bassi, disco pura, ridiamo, non è poi tanto noiosa la spiaggia.

 

Lettura, bei libri, italiani attuali per me, india, esistenza, spiritualità per Leticia, sempre più viva, interessante, bella, la respiro, sono nel suo vortice, ci scambiamo complimenti.

Mi tuffo nell’oceano, mi immergo, il tempo di prendere aria che il suo respiro è già a contatto con il mio, mi guarda, come nessuna creatura dell’universo abbia mai fatto con me, mi cerca " Sai ti avevo già visto l’altro giorno, ho visto i tuoi occhi, pensavo, anzi sapevo che ti avrei rivisto…".

 

Oceano, trasparente, sabbia leggera, palme lontane, un film mai visto, capelli, odore, la sua lingua corre veloce, contatto, posso finire in quel preciso istante, posso.

 

Giorni di tranquillità, di pensiero, di amicizie nuove, e in più Leticia, vacanza fantastica, penso.

 

Facciamo all’amore sul suo letto, facciamo del sesso, ci scambiamo parole di eccitazione, ci elettrizziamo, la tocco, mi tocca, orgasmo, in due.

Silenzio, brividi, e poi parole, ancora carte scoperte, la sua stanza si apre mille volte a tutto, senza i limiti, i confini che per tanta volte mi sono imposto, la musica accompagna il nostro viaggione senza rollare, senza assumere, senza bere, solo di cuore, meglio della testa.

Ore che passano senza orologio, senza lancette, ma Leticia parte, è a New York.

Ed io con lei, sena South Beach, senza Simona, senza nuovi amici, per cercare ancora Leticia.

Ma è arrivata la notte, il tempo, le lancette, lo SCURO!

Il mio viaggio si complica, cerco, ma non trovo, le mie parole sono più scattose, le sue non ci sono più, mi giro e la vedo, assume, consuma, ed io con lei, ma non ci sono più.

Un mondo diverso, amicizie nuove e diverse, vuote, non c’è più bella musica, belle letture, non ci sono più sguardi, solo polvere di sesso, solo inchini all’assunzione, per ore, per giorni, Leticia non c’è più.

 

Sbatto la valigia con forza sul letto disordinato, Leticia non mi guarda, sembra lontana, è vuota, mi guardo velocemente attorno, cerco nei suoi occhi un segnale, una risposta, ma niente.

Mi giro, ormai sono oltre quella stanza, ascensore, taxi, aeroporto, aereo, N.Y. dall’alto, addio Leticia.

Chiudo gli occhi, lo schienale del sedile non è comodo, ma sono stanco, dormo, sogno, ricordo, ora ci sono.

Anzi non ci sono più.
 
 

 

 Rubrica curata da Icaro 
 
 
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