LA LUNA E I FALO'


di Cesare Pavese



La tentazione di fare una recensione è sempre in agguato, ma mi voglio imporre di scrivere solo degli inviti alla lettura. Questo mese mi permetto di suggerire il romanzo più riuscito di Cesare Pavese, un originale autore del Novecento Italiano: La luna e i falò. Vorrei che lo leggeste per assaporare uno stile morbido, musicale, per gustare una storia amarissima e bellissima, che coinvolge fino al punto che diventa impossibile chiudere il libro prima dell'ultima pagina. Ma non è un libro strappalacrime, anzi per certi versi è implacabilmente crudo, realistico, disprezzante dell'emozione forte che produce nel lettore. Eppure come ho detto lo stile è morbido e musicale, ed è vero, ma il lungo e fluido narrare i ricordi di quando era bambino, di quando era alla cascina della Gaminella e di quando passò alla più grande e ricca Mora, viene spesso interrotto da immagini strazianti mascherate dallo stesso stile che però le rende ancor più drammatiche, perchè sembra quasi passare oltre le cose e i fatti, senza soffermarsi sul dolore e la pena. Forse è la forza del ricordo che spegne la fiamma della vendetta, dell'odio, della paura, del tormento, e quindi descrive, ispirato dall'energia della nostalgia di cui Anguilla, l'io-narrante e protagonista del romanzo, è vittima. Anguilla è diventato ricco, è tornato al paese nativo, ha rivisto la sua vecchia casa, ma trova tutto cambiato, tutto trasformato, e il suo amico Nuto allegro e gioviale suonatore di clarino ora è un comunista molto critico, maturo, il felice mondo agreste che ricordava non c'è, forse non c'è mai stato, il Valino il nuovo mezzadro della sua vecchia casa, imbruttito dalla fatica e dagli stenti, uccide in un momento d'ira bestiale la cognata, incendia la cascina e si impicca; Le tre padroncine della Mora invece, da lui ammirate e adorate da ragazzino hanno avuto tutte un tragico destino, soprattutto Santina, la più bella uccisa dai partigiani perchè spia dei fascisti. In quest'opera si coglie tutta l'angosciosa esistenza dell'uomo moderno che, chiuso nella sua solitudine e vittima di una angoscioso senso di incomunicabilità, sente come untragico peso il vivere, e cerca consolazione, illudendosi, nei miti dell'infanzia e della terra natale.



Copyright WorkNet Service - 1996 - Testo:di Lorenzo Longo
Rubrica curata da Icaro

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